Dieci, cento, mille Identità Golose. Non è semplice
descrivere una macchina complessa come il Congresso milanese ideato e curato da
Paolo Marchi, una manifestazione imponente
nell’offerta, nei numeri e nelle dimensioni. Talmente vasta ed articolata da
richiedere il dono dell’ubiquità! Questo comporta che ognuno elabori un
percorso estremamente personale, in base alle proprie preferenze ma anche a ciò
che il caso porta sulla propria strada. Ovvio quindi che il racconto della mia
esperienza non potrà essere esaustivo, e non soltanto perché la mia
partecipazione si è limitata alla sola prima giornata di domenica 9 febbraio.
Vediamo com’è andata.
Tra i miei punti fermi c’era il
desiderio di ascoltare personaggi che non avrei avuto modo di incontrare
altrove, e non ne sono rimasta delusa. Sebbene ci fossero tante sezioni
interessanti (Identità Naturali, rivolta al mondo vegano e alla naturalità
degli ingredienti, e Identità di Sala, destinata ai protagonisti del lavoro di
sala e cantina), mi sono sistemata in pianta stabile nell’Auditorium, per
assistere agli interventi degli chef che hanno illustrato in successione la
loro declinazione di “Una golosa intelligenza”, il tema scelto per la decima
edizione del congresso.
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Paolo Marchi |
Secondo
Pino Cuttaia (La
Madia – Licata, Agrigento) l’intelligenza del cuoco si
evidenzia nello studio, nel non limitarsi a ripetere gesti tramandati. Ecco
allora che si può giocare con i piatti, creare delle illusioni, naturalmente
anche grazie alla conoscenza dei poteri degli ingredienti. Perciò, la seppia – dall’elevata
capacità mimetica in natura – viene manipolata fino a essere trasformata in
uovo,
“L’Uovo di seppia” (il piatto-simbolo
del convegno di quest’anno), ottenuto sfruttando la naturale capacità addensante
delle uova del mollusco che tramuta l’inchiostro in un tuorlo nero.
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Pino Cuttaia |
Ed ecco ancora un secondo artificio,
una frittata senza uova ma con le cicale di mare, capace di ricordare una
omelette per colore, profumo e consistenza.
L’illusione continua con una
finta pizza, composta da un cornicione esterno di pasta, e, a mo’ di topping, merluzzo
all’affumicatura di pigna, pomodori, cipollotto, spuma di patate, carbone di
nero di seppia (per dare il sapore della tostatura del forno a legna), polvere
di pomodoro secco e origano (spezia “coprente” adoperata in genere sui cibi da
conservare per il giorno successivo), per richiamare i condimenti “alla
pizzaiola” casalinghi.
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Finta pizza di Pino Cuttaia |
Infine, la parmigiana in versione
cibo di strada, ovvero una melanzana completa del suo picciolo sbucciata e
rivestita di pasta all’uovo con nero di seppia, farcita con ricotta, melanzana
stufata e pomodorini ed infine spennellata con salsa di pomodoro. Una prima
cottura al vapore, poi una gratinatura al forno, e lo stecco è pronto da
mordere.
Mare, ricordi, ingredienti di
recupero e illusione per la golosa intelligenza di Pino Cuttaia.
Tutt’altro registro per i
fratelli
Christian e Manuel Costardi (Da
Christian e Manuel – Vercelli), che hanno scelto il gioco e il potere evocativo
delle memorie d’infanzia come tematiche protagoniste: la loro idea di cucina
prevede di giocare con gli ingredienti e con le papille gustative degli altri, di
avere il coraggio di restare irrazionali come quando si era bambini, di continuare
a fare ricerca.
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Manuel e Christian Costardi |
In questa occasione, per
celebrare un classico della loro giovinezza, hanno proposto un grande filone di
pane farcito con lingua cotta sottovuoto, bagnetti e cipolla di Tropea in
agrodolce, secondo il principio che “un vero fuoriclasse del gusto si vede
anche quando si confronta con un panino”.
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Christian Costardi |
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Panino con la lingua |
A seguire, il piatto principe del
loro ristorante, quello che li contraddistingue: il risotto. Una preparazione
che rende noi italiani unici nel mondo, che parla di territorio e di tradizione.
Lo stesso piatto, “Riso latte e
zucca”, è stato declinato sia in versione salata che dolce.
Per finire, un divertissement
nato di notte, “Millefollie”, nel quale strati di pasta sfoglia caramellizzata
sono stati abbinati a una famosa crema spalmabile alla nocciola, polvere di
porcini essiccati, olio al tartufo, liquirizia e clorofilla di prezzemolo. Intelligenza
giocosa.
Incentrato su un singolo tema l’intervento
di
Carlo Cracco (Cracco – Milano),
che ha scelto di presentare uno dei suoi ingredienti preferiti, il rognone,
“perché è milanese, è versatile, è particolare”.
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Carlo Cracco |
Dopo i molteplici abbinamenti
proposti nel corso del tempo, stavolta a fare la differenza è stato il metodo
di cottura attraverso il calore del sale grosso, scaldato ad alta temperatura e
aromatizzato con spezie tostate. Come guarnizione, spaghetti di scorzonera
saltati con bacche di goji.
Altra novità, ma forse sarebbe
meglio dire un ritorno al passato, è che il piatto (presente nel menu del
ristorante Cracco) viene portato in tavola e composto davanti al cliente; una
mise en place vecchio stile, che vuole rappresentare un momento di condivisione
tra i commensali.
Note curiose: Cracco ha detto che
in cucina non c’è bisogno di urlare, basta seguire quello che dice il capo. Ed
ha anche rivelato di essere goloso di dolci!
E un dolce è stato proprio il secondo
piatto proposto dal nuovo braccio destro, Luca Sacchi: una bavarese al cioccolato
biondo presentata in modo molto originale, colata in tubi di acetato a formare
dei cilindri simili a dei ciocchi di legno, anche per via del colore assunto
per la presenza di carbone edibile in polvere. Elementi di contorno a dare un
tocco salino ed erbaceo, gocce di caramello salato, prezzemolo cotto, buccia di
limone, mandorle salate, salsa al prezzemolo, sorbetto di prezzemolo e sciroppo
di mandorle.
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Luca Sacchi |
Dopo qualche degustazione, l’aver
incrociato qualche altro volto noto della ristorazione e aver assistito a tanto
andirivieni di personaggi legati a vario titolo al mondo dell’enogastronomia,
mi sono fermata allo stand della
Thailandia,
la nazione ospite di questa edizione del congresso. Qui, lo chef
Henrik
Yde, stellato danese specialista di cucina thai, ha dato vita a uno
show cooking nel quale ha illustrato tecniche e ingredienti base di questa
cucina esotica e speziata. Non si usa sale, le pietanze vengono insaporite con
salsa d’ostriche e di pesce, ed inoltre è difficile trovare un piatto
completamente vegetariano per via dell’onnipresente pasta di gamberi; latte di
cocco, paste di curry, peperoncino, tamarindo e zenzero completano il corredo
delle materie prime indispensabili.
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Henrik Yde |
Il ritorno in Auditorium ha
riservato altri momenti ricchi di contenuti significativi.
Enrico Crippa (Piazza Duomo – Alba, Cuneo) ha stupito con la sua
“Pensata Intelligente, Cucina Italiana”. Cinque piatti, tantissima tecnica,
inno alla piemontesità la sintesi della sua presentazione. A partire dalla
piemontesizzazione del lazialissimo Carciofo alla giudia, arricchito con
animelle di coniglio glassate e guarnito con una corona di “pellicola” di
carciofo (ottenuta frullando i gambi con carpione e glucosio in polvere, e
cuocendo il tutto in forno a bassa temperatura). Un impiattamento elaboratissimo
e di grande effetto.
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Enrico Crippa |
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Carciofo alla giudia di Enrico Crippa |
A seguire, un’insalata di
cocktail di gamberi, nella quale è stata ripresa la tecnica della “pellicola”,
stavolta di arance, a formare un contenitore (poi chiuso a pacchetto) per
insalate invernali amare, salsa cocktail, spicchi d’arancia, gamberi bolliti e
passati in riduzione di pancetta affumicata.
Non poteva mancare una versione
personale del risotto alla piemontese, cotto con brodo di castagne, servito con
salsa di fegatini di coniglio, spruzzato con acqua di gianduia, guarnito da
polvere di capperi, mantecato con parmigiano e burro nocciola e infine
profumato con buccia di limone.
Uno street food da mangiare con
le mani la quarta preparazione, la triglia in cialda di patate abbinata a
foglie di acetosa, salsa d’acetosa e burro d’erbe.
Per finire, il dessert, un gioco
con le nocciole (e non poteva essere altrimenti), omaggio alle Langhe.
Altrettanto tecnico e “pensatore”
il tedesco – da vent’anni in Italia –
Heinz
Beck (La Pergola
– Roma), premiato qui come “Cuoco dell’anno”.
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Heinz Beck |
Una vera e propria Lectio quella
del bavarese: “Piatti ispirati alla tradizione italiana preparati con la
tecnica della centrifuga da laboratorio”, presentata con l’ausilio di slides.
Due i piatti proposti (che saranno inseriti nel menu celebrativo per i 20 anni
de La Pergola,
venduto solo per 999 volte), Ricordo di frisella e Assenza di ossobuco, basati
sull’estrazione dell’essenza del gusto eliminando la parte superflua dagli
ingredienti.
La conclusione di Beck: “Emotions
don’t lie”.
C’è stato spazio anche per un
omaggio a due grandi signore della cucina,
Nadia
Santini (Dal Pescatore – Canneto sull’Oglio, Mantova) e
Lidia Bastianich (Felidia – New York,
Usa) da parte della coppia
Fabio
Pisani/Alessandro Negrini (Il Luogo di Aimo e Nadia – Milano) per la prima,
con i Tortelli di carote di Polignano con brodo e taleggio, e di
Emanuele Scarello (Agli Amici – Udine)
con Zuppa di pane raffermo con scampi del Quarnero e olio istriano per la
seconda.
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Nadia Santini |
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Lidia Bastianich |
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Fabio Pisani e Alessandro Negrini |
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Emanuele Scarello e Lidia Bastianich |
Le nostre conclusioni?
Di queste manifestazioni, amo la
parte prettamente formativa, le Lectiones, la possibilità di ascoltare l’idea e
le tecniche di cucina direttamente dalla viva voce dei protagonisti. Anche se
non c’è cosa migliore che andare direttamente ai locali degli chef: sono i
piatti a dover parlare! Purtroppo le possibilità di assaggio – in generale –
sono state molto limitate, così come il fotografare i piatti finiti nelle sale
è stato assolutamente impossibile.
D’assoluta rilevanza l’aver allestito
sezioni collaterali (Identità Naturali, di Sala, di Pane, di Pizza, di Birra,
d’Acqua, di Pasta e Dossier Dessert) e aver posto l’accento su temi
fondamentali come salute e benessere uniti al piacere del gusto.
La Campania è stata
degnamente rappresentata dallo chef sannita
Giuseppe Iannotti e dai pizzaioli
Franco Pepe e
Ciro Salvo,
ai cui interventi non ho potuto assistere, ma le cui abilità in cucina e al
forno non mi sono affatto ignote ;-)
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Giuseppe Iannotti |
Notevole inoltre l’utilizzo a
vario titolo dei Social Network per seguire la manifestazione e interagirvi.
Divertente invece assistere al
passeggio di star e starlette nelle aree espositive, e di personaggi che si
illudevano di aver raggiunto i loro fatidici 15 minuti di celebrità.
Ma anche questo fa parte dello show
:-)
Il mio articolo di servizio si
trova
qui
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